Nel panorama del calcio italiano degli anni ’80, il nome di Astutillo Malgioglio è legato non solo alle sue presenze tra i pali di squadre come Cremonese, Lazio, Roma e Inter ma soprattutto a un impegno sociale che ha lasciato un segno indelebile.
Mentre molti ricordano le sue parate, chi lo ha conosciuto sa che la sua partita più importante si giocava fuori dal campo, al fianco dei bambini affetti da distrofia muscolare e altre disabilità motorie.
L’inizio di una missione
Durante la sua carriera, Malgioglio fondò e gestì “Era 77”, un centro di riabilitazione a Cremona dedicato proprio ai bambini con distrofia muscolare e malattie neuromuscolari. Non era un’iniziativa di facciata: il portiere dedicava tempo, energie e risorse personali, arrivando a reinvestire gran parte dei propri guadagni da calciatore per mantenere attiva la struttura.
Quello che lo muoveva non era la ricerca di visibilità, ma la convinzione che lo sport dovesse essere anche un mezzo per aiutare chi non ha voce.
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Un impegno controcorrente
Negli anni in cui il calcio viveva soprattutto di rivalità e spettacolo, e perfettamente al contrario rispetto ai tristi epiloghi di diversi colleghi, l’attenzione costante di Malgioglio per i bambini distrofici non sempre veniva compresa. Non mancarono momenti difficili, con incomprensioni da parte di tifosi e ambienti calcistici, ma lui non si lasciò mai scoraggiare.
La sua costanza e la sua coerenza fecero sì che il centro diventasse un punto di riferimento per molte famiglie, offrendo terapie, sostegno e un luogo in cui sentirsi accolti.
Il significato di un esempio
La storia di Astutillo Malgioglio dimostra che il valore di un atleta non si misura soltanto in prestazioni sportive, ma anche nella capacità di incidere positivamente sulla vita degli altri. Il suo impegno a favore dei bambini distrofici ha rappresentato una forma di coraggio civile: andare oltre la propria carriera per dedicarsi a una causa in cui si crede profondamente.
Ancora oggi, il suo nome viene ricordato come quello di un calciatore che ha saputo trasformare la notorietà in uno strumento di solidarietà concreta.